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Quella mattina era iniziata strana, avevo dormito poco, ero pensieroso, ma non sapevo perché, avevo deciso all’ultimo minuto di accompagnare io i bambini a scuola, avevo bisogno dei loro sorrisini e dei loro perché per iniziare la giornata. Ero andato a fare una passeggiata al parco, quando mi arrivò un messaggio strano sul telefono da parte di uno dei miei amici “Urgente, tra 30 minuti al solito bar”, che significava??? Andai lì e trovai tutto il mio gruppo di amici che aspettavano, mi preoccupai, che stava succedendo? Poi lui arrivò, era nervoso, non l’avevo mai visto così sconvolto, poi iniziò a parlare, di una delle sue cugine a cui lui era più legato, era gravemente ammalata da dieci anni ed ora stava morendo, ma il suo medico voleva fare un’ultima prova con la donazione di midollo osseo, c’era poco tempo chi era disponibile doveva fare immediatamente il test di compatibilità, alzai senza accorgermene il braccio, sotto le occhiatacce della mia compagna, ma io mi sentivo spinto da una forza che non sapevo da dove veniva. Tutti quelli che accettarono, andammo immediatamente a fare il test, detestavo gli aghi ma preferivo non pensarci. I giorni di attesa mi sembrarono anni, ero nervoso, non sapevo perché ma volevo essere io a fare questa cosa. Il giorno dei risultati arrivò, l’incontro avvenne nel solito bar, quando il mio amico arrivò con la busta chiusa, io ero nervosissimo, mi torturavo le mani nell’attesa, poi la busta venne aperta, i risultati dicevano che io ero l’unico compatibile, caddi in un silenzio tombale, non sentivo niente di quello che mi veniva detto, poi qualcuno iniziò a scuotermi, il mio amico aveva delle domande per me che venivano direttamente da lei, dovevo essere sicuro di volerlo fare senza costrizioni, dovevo essere consapevole di come sarebbe successo, io risposi che volevo farlo, senza costrizioni. Poi di quello che avvenne dopo mi ricordo poco, solo che ritornai a casa a fare le valigie, di essere passato da casa del mio amico che mi avrebbe accompagnato, di aver visto una foto di lei da adolescente prima che si ammalasse, perché del dopo non ne aveva fatte, poi dell’aereo che mi portò da lei. Di essere arrivato all’ospedale, di aver lasciato i miei dati, poi di essere passato da lei. Lì mi successe qualcosa che non avevo mai provato: il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, sentivo qualcosa che non riuscivo a spiegare, ne avevo sentito parlare da altri del colpo di fulmine mai io non l’avevo mai provato. Lei era lì in quella stanza sterile, piena tubi che l’aiutavano a sopravvivere, l’unica cosa che volevo fare in quel momento era avvicinarmi a lei e abbracciarla, sussurrandole che tutto sarebbe andato bene. Mi ricoverarono e iniziarono a farmi tanti controlli, il giorno dopo fu eseguito il trapianto, fummo portati nello stesso tempo nella sala operatoria, potei rivederla, aveva ancora quel tubo in bocca, le sussurrai un “Ti amo” e poi ci portarono via. Mi risvegliai dopo alcune ore e il mio amico mi disse che dalle prime analisi c’erano stati dei miglioramenti, ero felice, davvero felice. Mi dimisero dopo qualche giorno, lei non era più nella camera sterile, così potei andare da lei, vederla in quel letto così inerme, le presi la mano, le accarezzai i capelli, lei aprì gli occhi, mi persi nei suoi occhi che mi guardavano, le dissi che quando sarebbe stata bene doveva venire da me, nella mia città perché la volevo nella mia vita, le diedi un bacio sulle labbra, e andai via. Dissi al medico che aveva aperto gli occhi e mi aveva visto, ma il medico mi rispose che era così piena di antidolorifici che difficilmente mi aveva visto e sentito, ma a me non interessava, lei mi avevo visto, aveva leggermente strizzato gli occhi quando le avevo detto di venire da me quando si sarebbe ripresa.
Ora bisognava solo aspettare
Io l’aspettavo
Ero pronto a tutto quello che sarebbe avvenuto nelle nostre vite
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